Questa tecnica è finalizzata ad aumentare la motivazione al cambiamento comportamentale e risulta particolarmente utile nella fase di “aggancio” di pazienti con BPD. Il colloquio motivazionale è un metodo direttivo centrato sul paziente, che mira ad aumentare la motivazione interna al cambiamento dell’individuo attraverso l’esplorazione e la risoluzione dell’ambivalenza.
La disponibilità della persona al cambiamento non può essere considerata una condizione dicotomica, bensì il frutto tra diversi fattori in equilibrio e sui quali è possibile per il clinico intervenire, in sintonia con lo stadio motivazionale in cui si trova l’individuo. A tale proposito il colloquio motivazionale fa riferimento al “modello transteoretico” di Prochaska e Di Clemente del 1992 (Zani & Cicognani 2000). Tale modello prende in considerazione motivazione e disponibilità al cambiamento secondo cinque fasi:
- Precontemplazione, nella quale il soggetto non è affatto convinto di avere
un problema o non desidera fare nulla per affrontarlo; - Contemplazione, nella quale il soggetto comincia a considerare l’idea di
poter cambiare qualcosa nel futuro; - Preparazione, quando l’obiettivo è più a portata di mano e la volontà di
apportare cambiamenti è più definita; - Azione, quando vengono presi provvedimenti concreti per raggiungere a
cambiamenti sostanziali; - Mantenimento, in cui l’obiettivo è quello di consolidare i cambiamenti.
Questo tipo di approccio in genere funzionale in tutti i setting di trattamento per le dipendenze patologiche ed è di particolare importanza per pazienti con BPD e SUDS che vanno spesso aiutati a riconoscere le complesse relazioni tra sintomi, sostanze e farmaci e ad orientarsi tra percorsi di trattamento a volte per loro incomprensibili (Fioritti & Solomon, 2002; Pasudetti et al., 2005).