Dopo aver postulato lo stato iniziale di indifferenziazione, la Jacobson si accinge a descrivere i processi di sviluppo che portano all’instaurazione di un senso stabile dell’identità, con il concomitante edificarsi della struttura psichica.
E’ consapevole della connotazione duale del concetto di identità che fa riferimento per la sua definizione a elementi di uguaglianza e di differenza.
Nella sua visione, piena di una tensione eccitante, il lettore si trova immerso nella crescente battaglia del bambino per tirar fuori la sua identità dall’iniziale coinvolgimento totale con gli agenti delle cure materne.
La prima fase orale: le prime relazioni con la madre sono portate avanti dal bambino attraverso processi di “introiezione e proiezione” che “si riferiscono a processi psichici, in conseguenza dei quali le immagini di sé assumono caratteristiche di immagini oggettuali e viceversa”, in altre parole sono processi che si collocano nel mondo delle rappresentazioni, nel mondo degli oggetti interni.
Con la maturazione l’Io diventa capace di integrare esperienze di piacere e dispiacere in immagini parziali e primitive di sé e dell’oggetto.
All’arrivo di eventi reali gratificanti o frustranti l’Io maturo resisterà alle fantasie di fusione (esame di realtà). Secondo la Jacobson i periodi di ri-fusione sono accompagnati da un indebolimento dell’esame di realtà, e da un ritorno ad una condizione dell’Io meno differenziata.
La visione dell’oralità ha per la Jacobson, secondo i suoi approci teorici, riguarda 3 aspetti:
Include nella sua sfera tutte le stimolazioni che si verificano nei primi mesi di vita (gratificazioni e frustrazioni);
I bisogni orali del bambino creano un veicolo con la madre che ha la funzione di far incontrare i due;
Modifica il concetto di pulsione in modo tale che diventi un principio organizzativo tramite il quale il bambino può ordinare l’intera gamma delle esperienze (piacevoli e spiacevoli) con le persone che lo accudiscono.
Esperienze di gratificazione danno origine a fantasie di fusione, idee di incorporazione totale, e sono il fondamento di tutte le successive relazioni oggettuali.
Esperienze di frustrazione portano al desiderio di espellere, di separare.
La Jacobson tratta molto estesamente le prime transazioni tra madre e figlio.
Difatti è lei stessa consapevole degli effetti multiformi e simultanei che l’attenzione della madre ha sul bambino:
“gli atteggiamenti e le attività materne, che forniscono al bambino gratificazioni e restrizioni libidiche, e spianano la via ai suoi attaccamenti affettivi, nello stesso tempo spingono la madre ad interessarsi all’io esterno del figlio e ne garantiscono la sopravvivenza”
“ma gli stessi atteggiamenti e attività stimolano e promuovono la sua crescita fisica e la crescita mentale del suo Io, e molto presto cominciano a trasmettere al bambino il principio di realtà e i primi codici morali”
All’inizio del secondo anno di vita: emergono 2 capacità dell’Io che esercitano una funzione decisiva nel movimento del bambino verso la formazione dell’identità.
Capacità di distinguere caratteristiche specifiche dell’oggetto d’amore;
Comparsa della consapevolezza della categoria temporale del futuro.
All’inizio del secondo anno di vita:
Capacità di distinguere caratteristiche specifiche dell’oggetto d’amore;
Sviluppa ambivalenza e processi competitivi, nonché la liberazione dell’aggressività che promuove i processi di separazione.
Gli atteggiamenti genitoriali (soprattutto della madre), sono cruciali poiché un eccesso di gratificazione o frustrazione esporrebbe al rischio di ri-fusione, sebbene in condizioni favorevoli voler essere come l’oggetto completa e gradualmente sostituisce la tendenza alla ri-fusione.
Il bambino diventa capace di distinguere le proprie immagini realistiche da quelle desiderate del sé, una distinzione rafforzata dalla competizione con i pari e con il padre.
Anche la scoperta delle differenze tra i sessi contribuisce alla formazione dell’identità con l’idea di appartenenza ad uno specifico genere sessuale.
(Appunti condivisi università psicologia).