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Psicologia

Disturbo Borderline E Disturbi Correlati All’uso Di Sostanze: La Terapia Dialettico Comportamentale

La Terapia Dialettico Comportamentale (DBT), ideata da Marsha Linehan (1993a, 1993b), si è sviluppata come trattamento ambulatoriale, formato e validato per pazienti di sesso femminile che rispondevano ai criteri diagnostici per il BPD e che mettevano in atto ripetuti gesti autolesivi. Oggi questo approccio è stato esteso a tutti i pazienti con BPD e viene spesso indicato come trattamento […]

La Terapia Dialettico Comportamentale (DBT), ideata da Marsha Linehan (1993a, 1993b), si è sviluppata come trattamento ambulatoriale, formato e validato per pazienti di sesso femminile che rispondevano ai criteri diagnostici per il BPD e che mettevano in atto ripetuti gesti autolesivi.
Oggi questo approccio è stato esteso a tutti i pazienti con BPD e viene spesso indicato come trattamento di elezione per pazienti con BPD e SUDS (American Psychiatric Association, 2001; Bornovalova & Daughters, 2007; Liotti, 1999c; Linehan 1993a, 1993b; Linehan et al., 1995, 1999, 2002; Robins & Chapman, 2004).

La DBT ha la sua base nella teoria biosociale della personalità, la cui premessa fondamentale è che la principale alterazione nel BPD sia una disfunzione nella regolazione delle emozioni, basata sia su una predisposizione biologica, sia su esperienze di vita non favorevoli al riconoscimento e modulazione delle emozioni.

La terapia è dunque volta a insegnare al paziente a riconoscere e modulare
l’espressione delle emozioni (Linehan 1993a, 1993b; Linehan et al., 1995, 1999, 2002).

Il setting terapeutico prevede un trattamento individuale e di gruppo.

Il trattamento individuale costituisce il fulcro del trattamento e si svolge per almeno un’ora a settimana. All’interno del contesto terapeutico il terapeuta fornisce al paziente l’opportunità di esprimere le sue emozioni, dando loro attenzione e accettandole così come sono. Tutto ciò si traduce in una validazione emotiva, che rappresenta il nucleo attorno al quale si collocano tutte le altre strategie (Caviglia et al., 2007; Robins & Chapman, 2004).

I gruppi di “Skills Training” hanno invece come priorità l’apprendimento delle abilità psicosociali e consentono ai pazienti di vivere un’atmosfera dove vi è una riduzione dell’attivazione emozionale, in quanto anche gli altri membri condividono le stesse problematiche e difficoltà.

L’ultima componente del trattamento è infine il gruppo di consultazione, questo costituisce un momento in cui tutti i terapeuti, individuali e di gruppo, hanno la possibilità di confrontarsi nella supervisione dei casi, scambiandosi informazioni e controllando che le diverse componenti del trattamento rispettino i principi alla base del modello.

La presenza di una equipe formata da psicologi, medici, infermieri, assistenti sociali ed educatori, costituisce inoltre per il paziente un fattore di protezione, perché può fare affidamento su diverse figure di riferimento.

L’obiettivo finale della DBT è lo sviluppo di una modalità di pensiero e funzionamento cognitivo di tipo dialettico, rispetto a uno di tipo dicotomico, con la conseguente adozione di comportamenti equilibrati e integrati.

In genere il trattamento individuale ha la responsabilità di organizzare il progetto terapeutico, tenendo conto degli obiettivi di tutti gli altri interventi.

Il percorso individuale è dunque strutturato secondo una gerarchia di priorità (bersagli o mete), che organizzano l’intero trattamento stabilendo l’ordine con cui affrontare i nodi problematici del paziente.
Nello stabilire le mete della psicoterapia individuale, la DBT fa ricorso a un
approccio graduale, che consiste in tre stadi. Uno stadio viene completato quando le sue mete o bersagli non costituiscono più un problema. Se riaffiora un problema appartenente a uno stadio precedente, la terapia torna a operare a livello di quello stadio fino a che il problema non viene risolto.

Le mete del primo stadio consistono nel bloccare il comportamento
parasuicidario, nell’affrontare i comportamenti che interferiscono con la terapia e con un’adeguata qualità di vita e nell’aumentare le abilità comportamentali (Skills
Training).

Il secondo stadio di intervento è rivolto invece alla riduzione dei comportamenti legati allo stress post traumatico.

Affrontare le conseguenze correlate a eventi traumatici rappresenta una fase molto delicata e presuppone che il soggetto si senta sicuro all’interno del contesto terapeutico, in altre parole, il trauma o esperienze di deprivazione, non possono essere affrontate se il paziente non è in grado di gestire emotivamente le conseguenze della loro riesposizione.

L’ultimo stadio del trattamento è teso a incrementare il rispetto di sé e a
raggiungere gli obiettivi individuali. Il rispetto di sé consiste nel raggiungimento di una posizione di equilibrio tra il credere nelle proprie autovalutazioni e avvalersi di un feedback delle altre persone, tra fare affidamento nelle proprie risorse e avere fiducia nell’aiuto e sostegno da parte degli altri (Caviglia et al., 2007; Pasudetti et al., 2005; Robins & Chapman, 2004).

Grande importanza nel trattamento viene data al percorso di gruppo, in particolare all’apprendimento delle “Skills Training”, questa fase consiste nell’acquisizione, nel potenziamento e nella generalizzazione delle competenze di natura cognitiva, emotiva e comportamentale (Linehan, 1993a; 1993b).

Obiettivo dei gruppi di Skills Training è quello di aiutare il paziente a potenziare una serie di competenze funzionali utili all’adattamento alla vita quotidiana, di cui i pazienti con BPD possono risultare deficitari.
Il termine abilità (Skills) rimanda al concetto di “mezzi abili”, finalizzati alla sostituzione dei comportamenti disfunzionali con risposte competenti verso l’ambiente (Pasudetti et al., 2005).

Nei gruppi vengono analizzati tutti quei comportamenti che la persona può mettere in atto in situazioni problematiche e vengono discusse le azioni che possono favorire esiti positivi o indurre insuccessi e fallimenti.
La teoria comportamentale da un lato e le pratiche di meditazione dall’altro, sono gli strumenti utilizzati per sviluppare un pensiero dialettico.

Il percorso di gruppo prevede quattro moduli tematici della durata di circa tre mesi ciascuno. I pazienti hanno la possibilità di aderire all’intero ciclo di gruppo (4 moduli), oppure a singoli moduli, a seconda del contratto e degli obiettivi concordati con il terapeuta individuale. La frequenza e la scelta dei singoli moduli è pertanto focalizzata al raggiungimento degli obiettivi.

Il gruppo si incontra a cadenza settimanale, per la durata di un’ora e mezza ciascuno e si compone da un minimo di tre ad un massimo di sette partecipanti (Caviglia et al., 2007; Pasudetti et al., 2005).
Lo Skills Training, nella sua forma standard prevista da Linehan (1993a, 1993b), prevede quattro moduli di abilità: Mindfulness, Efficacia Interpersonale, Regolazione Emozionale e Tolleranza della Sofferenza Mentale o dell’Angoscia (Bornovalova & Daughters, 2007; Caviglia et al., 2007; Pasudetti et al., 2005):

  1. Il modulo di Mindfulness rappresenta il nucleo centrale della terapia di gruppo, in quanto ha l’obiettivo di aiutare il paziente a sviluppare uno stile di vita di “partecipazione consapevole”, inteso come capacità dell’individuo di riportare la mente su ciò che avviene qui ed ora. Lavorare su questo aspetto diventa basilare in quanto la mancanza di
    consapevolezza è una caratteristica dei comportamenti impulsivi,
    unicamente determinati dallo stato d’animo in corso. Ai pazienti vengono forniti degli strumenti per osservare e descrivere le proprie esperienze percettive, assumere atteggiamenti non giudicanti e mantenere la concentrazione su una sola cosa alla volta. Queste abilità rappresentano versioni psicologiche e comportamentali delle pratiche meditative orientali e contemplative occidentali. Le abilità di consapevolezza vengono definite di base in quanto avrebbero una funzione di guida nel comprendere il funzionamento della propria mente. Questo modulo viene ritenuto propedeutico agli altri tre moduli di abilità e viene quindi proposto più volte nel corso dell’anno di trattamento.
  2. Il Modulo di Efficacia Interpersonale ha l’obiettivo da un lato di
    diminuire il caos e l’instabilità delle relazioni interpersonali, tipiche BPD,
    dall’altro di identificarne le cause. Il paziente, attraverso l’esercizio di queste abilità, apprende ad analizzare ciò che accade all’interno di una singola interazione e ad identificare i fattori che favoriscono o interferiscono in senso conflittuale con lo sviluppo di una buona relazione con l’altro. A questo fine la tecnica del roleplaying, ad esempio, consente la sperimentazione di modalità utili al mantenimento sia della relazione in atto sia del rispetto di se stessi, attraverso l’utilizzo delle proprie capacità assertive. Questo modulo richiede al paziente un particolare sforzo cognitivo ed emotivo, in quanto gli elementi di osservazione all’interno delle relazioni interpersonali non sono sempre così facilmente identificabili.
  3. Il Modulo per la Regolazione delle Emozioni parte dell’assunto che la genesi e l’evoluzione del BPD siano legate ad una vulnerabilità emotiva di base che, esacerbata da specifiche circostanze ambientali, darebbe luogo in età adulta ad una disregolazione nel controllo delle risposte emozionali. In quest’ottica, i comportamenti autolesivi del paziente fra cui, talvolta,
    anche l’abuso di sostanze, sono ritenuti tentativi di far fronte ad emozioni
    negative altrimenti intollerabili. Le abilità di regolazione emozionale consentono di ridurre l’intensità delle emozioni attraverso una migliore modulazione delle emozioni negative e l’incremento ed il prolungamento nel tempo degli stati d’animo positivi. I pazienti vengono addestrati ad identificare le proprie emozioni senza giudicarle, e ad apprendere come queste si organizzano e determinano l’azione. A questo fine risulta determinante la tecnica della “validazione”, che consiste nell’aiutare i pazienti a fidarsi delle loro percezioni. Importante è dunque aiutare il paziente a capire che le sue reazioni possono essere adeguate e valide presentando nello stesso tempo gli aspetti disfunzionali che devono essere modificati (Linehan 1993a; 1993b).
  4. Il Modulo della Tolleranza alla Sofferenza e all’Angoscia, ha come obiettivo quello di sostenere il paziente nelle situazioni di crisi, aiutandolo
    a tollerare le fasi di angoscia. I pazienti vengono sostenuti nell’osservazione dei loro pensieri e schemi di azione senza cercare di fermarli o controllarli, nel tentativo di comprendere cosa significa sopportare la propria condizione di vita come si presenta in quel particolare momento. Il gruppo approfondisce e cerca di individuare delle strategie “di sopravvivenza alla crisi”: come fare per distrarsi da pensieri interferenti o recuperare il controllo; come sostituire gli eventi negativi con quelli positivi; come affrontare i momenti difficili senza agire in modo autodistruttivo.

La conduzione del gruppo è affidata a due operatori il leader primario e il
coleader.

Le funzioni dei due leaders sono differenti, il leader primario ha il compito di iniziare l’incontro, di aiutare il paziente a socializzare le difficoltà e gli insuccessi nella messa in pratica dei compiti assegnati a casa; tale operatore, inoltre, esercita il ruolo di colui che fa rispettare le regole del gruppo e scandisce i tempi e il ritmo dei contenuti da apprendere.

Il co-leader ha invece il compito di mediare le tensioni tra membri del gruppo e leader primario; focalizza l’attenzione sugli aspetti emotivi del singolo e del gruppo nel suo insieme e aiuta i partecipanti a verbalizzare nel qui ed ora le emozioni che sperimentano. Quest’ultima funzione appare piuttosto rilevante, in quanto il paziente con BPD ha frequenti oscillazioni tra stati di intensa reattività e stati di inibizione emozionale (Caviglia et al., 2007; Pasudetti et al., 2005; Robins & Chapman, 2004).
Le sedute di gruppo presentano una struttura rigidamente organizzata nella sequenza temporale.

La prima fase, “Accoglienza”, si svolge in un angolo diverso della stanza dove si svolge il gruppo ed è uno spazio dove si chiude con l’esterno e con la giornata lavorativa per concedersi brevi scambi informali sulla settimana trascorsa.

La seconda fase,“Analisi delle abilità messe in pratica a casa”, è uno spazio di confronto riservato alle difficoltà incontrate dai pazienti nell’applicare all’esterno le abilità apprese nei gruppi.
La terza fase,“Insegnamento”, è riservata alla presentazione e alla discussione delle nuove abilità.

Infine nella fase finale, “Rilassamento”, si utilizzano esercizi di respirazione e meditazione guidata con sottofondo musicale; ciò aiuta i pazienti a rilassarsi e a distanziarsi dai contenuti e dalle sollecitazioni emotive emerse nel corso del gruppo. Questa parte esperenziale si è rivelata indispensabile per meglio comprendere le “abilità di consapevolezza di base”, in quanto attraverso l’osservazione del proprio respiro è stato possibile comprendere cosa significa osservare e percepire ciò che accade nel momento, padroneggiando il turbine dei pensieri che la mente porta con sé. Attraverso un’efficace concentrazione sul respiro il paziente ha modo di fermare le preoccupazioni e l’agitazione trovando
calma e pace.

I principali accorgimenti che vengono utilizzati nel caso di presenza di BPD e SUDS riguardano, come prima cosa, lo sviluppo di alcune strategie di attaccamento nel tentativo di ridurre il numero di drop out, molto frequenti in questa categoria di persone. In secondo luogo poiché queste persone hanno difficoltà relazionali, lavorative e finanziarie, sono previsti intervanti di tipo psicosociale.

Inoltre è previsto l’apprendimento di alcune abilità comportamentali peculiari, come la capacità di mantenere un lavoro, di organizzare il tempo libero e la riduzione dei fattori che innescano l’utilizzo di droghe (Robins & Chapman, 2004).