L’aggressione è una caratteristica che si acquisisce attraverso l’influenza di fattori psicologici ed ambientali. Già dai primi anni di vita è presente nei bambini e si manifesta con la rabbia, che raggiunge il suo culmine in questa fase, per poi diminuire nell’età scolare e risalire nuovamente durante l’adolescenza (Petrone, Troiano, 2008). Il fattore età gioca perciò un ruolo importante nell’escalation dell’aggressività ed è per questo che l’età risulta essere un’ importante variabile spesso studiata in relazione al fenomeno del bullismo (Menesini, 2000).
Concentrandosi perciò in particolare sulle differenze di età, come appare dai primi studi condotti da Olweus (1983), emerge come la percentuale di studenti vittime di bullismo nelle scuole primarie diminuisca con l’aumentare dell’età, sono infatti gli studenti più giovani e deboli che riportano di essere stati prevaricati con maggior frequenza, mentre nella scuola secondaria di primo grado le curve discendono meno rapidamente.
La percentuale media degli studenti che riporta di essere stata prevaricata nelle classi che vanno dalla II alla V elementare, è dell’11.6% maggiore di quella registrata nelle classi che vanno dalla II alla III secondaria di primo grado, ovvero del 5.4%. Esiste inoltre una chiara tendenza ad un minor ricorso alla violenza fisica nelle classi superiori rispetto a quelle inferiori, dai risultati dello studio condotto in Norvegia, si desume inoltre che le condotte di prevaricazione siano messe in atto maggiormente dagli studenti più grandi. Il bullismo è sicuramente un fenomeno molto diffuso e pervasivo, in cui un’alta percentuale di bambini viene coinvolta come attore o vittima, nella scuola secondaria di primo grado il fenomeno coinvolge un minor numero di ragazzi, spesso sempre gli stessi, che più degli altri faticano ad uscire dal ruolo di bullo o vittima. Il bullismo si trasforma nel bisogno di primeggiare, di avere una vita sociale ed il suo decremento può essere valutato anche come conseguenza dello sviluppo delle capacità empatiche nei ragazzi più grandi (Fonzi, 1997). In un certo modo, tali ruoli sembrano radicalizzarsi e diventare sempre più rigidi, come dimostra anche il fatto che il coinvolgimento nel fenomeno è correlato con difficoltà future in adolescenza ma, anche in età adulta (Menesini, 2003). Perciò nonostante la frequenza dei comportamenti aggressivi sia più elevata nella prima e seconda infanzia, il periodo in cui questo comportamento si configura come più pericoloso è l’adolescenza (Coie, Dodge, 1998). Allo stesso modo è possibile assumere che gli episodi più gravi avvengano proprio tra i ragazzi più grandi, scuola secondaria di primo grado e inizio scuole secondarie di secondo grado, nonostante una diminuzione della frequenza del fenomeno nelle classi relative. In una delle prime ricerche italiane di Genta e colleghi (1996) in cui hanno partecipato 1.379 alunni tra gli 8 e i 14 anni, i risultati indicano come una percentuale molto alta di soggetti riferisce di aver subito prepotenze nel periodo considerato dal questionario, il 45.9% per le scuole primarie di Firenze e il 37.0% per quelle di Cosenza. Nelle scuole secondarie
di primo grado la percentuale diminuisce, rispettivamente al 29.6% e al
27.4%. Secondo le ricerche condotte dall’istituto IFOS (2008) su un campione
di 1.048 studenti tra gli 11 e i 20 anni nel 2008 il 35.0% degli studenti delle
scuole secondarie di primo grado dice di aver subito prepotenze a scuola,
percentuale che scende al 20.0% nelle scuole secondarie di secondo grado, di
questi però solo il 6.0% della scuola secondaria di primo grado e il 4.7% della
scuola secondaria di secondo grado, dice di aver subito attacchi in maniera
continuativa nel tempo; per quanto riguarda i bulli il 34.0% dei soggetti alle
scuola secondaria di primo e secondo grado ammettono di aver preso parte a
prepotenze, di questi però solo l’1.0% per quelle secondarie di primo grado e
il 3.2% di quelle secondarie di secondo grado in maniera continuativa. Nello
studio di Whitney e Smith (1993) svoltosi in Gran Bretagna su di un campione
di 6.500 studenti, hanno rilevato come la percentuale di bambini delle scuole
primarie che dichiara di aver subito prepotenze è del 27.0% e nelle scuole
secondarie di primo grado del 10.0%. In età prescolare la maggior parte degli
episodi aggressivi sono costituiti da conflitti per il possesso degli oggetti,
associate a collera, lotta tra pari. Verso la tarda età prescolare si assiste ad un
declino dell’aggressività dovuta alle maggiori competenze linguistiche del
bambino. Con il tempo e nell’età scolare, sempre meno bambini mostrano
comportamenti aggressivi, ma una minoranza diventa sempre più
problematica. Si evidenzia così un cambiamento nella natura di tale
comportamento e delle sue funzioni (Menesini, 2000). Come afferma Schaffer (1998) il comportamento diventa sempre più intenzionale e rivolto ad attaccare
l’altro, Loeber (1985) afferma inoltre che vi sono ulteriori decrementi della
condotta aggressiva nella fase iniziale dell’adolescenza, ma è anche l’età in cui
le azioni violente più serie aumentano. Nello studio condotto da Loeber e Hay
(1997) sui giovani di Pittsburgh emerge un ordine progressivo di insorgenza
dei fenomeni in relazione alla gravità: le forme di aggressività minore
presentano un aumento lineare dai 3 ai 14 anni, l’aggressività fisica aumenta
dai 10 anni seguita dalla violenza che ha un incremento dagli 11-12 anni in
poi. Ancora dallo studio di Smith e colleghi (2007) emerge come per il
bullismo vi sia un maggior decremento delle vittime con l’età, i bulli
rimangono invece piuttosto costanti, mostrando inoltre un passaggio in base
all’età da tipologie di bullismo fisico a tipologie di bullismo più indirette e
relazionali. Inoltre anche i dati basati su questionari di autovalutazione inglesi
e americani (Elliott, 1994; Farrington, 1995), evidenziano un incremento
significativo di questi comportamenti tra i 12 e i 20 anni e una tendenza alla
diminuzione dopo tale età. In un importante studio di Smith (2002) emerge
come i soggetti più piccoli, a differenza dei più grandi, trovino maggior
difficoltà a distinguere fra differenti forme di aggressività (aggressione fisica,
bullismo diretto, aggressione verbale ed esclusione sociale) secondo l’autore
questo problema terminologico potrebbe spiegare anche il motivo per cui il
fenomeno del bullismo sia maggiormente presente fra i più piccoli, infatti sono
proprio i più piccoli ad includere nel fenomeno aspetti che non lo
caratterizzano direttamente e specificatamente. Interessante da sottolineare è inoltre come la rappresentazione sociale del bullo sembra cambiare in
funzione dell’età, nel corso dell’adolescenza i bulli sembrano godere di una
popolarità maggiore, probabilmente anche in funzione di un diverso
atteggiamento più favorevole verso le aggressioni e la violenza in genere
giudicate meno negative rispetto alle età precedenti (Graham et al., 2003;
Rodkin et al., 2000).