La storia
Molti autori hanno affrontato il tema del gioco, considerandolo una prerogativa essenziale degli esseri umani non soltanto nell’età infantile. Huizinga (1938) attribuisce un ruolo fondamentale al gioco nel suo saggio “Homo ludens”: egli afferma che ogni aspetto della vita può essere ricondotto ad un gioco; “ogni azione umana appare un mero gioco”. Il gioco non è un prodotto della cultura ma al contrario: “La cultura sorge in forma ludica, la cultura è dapprima giocata (…) nei giochi e con i giochi la vita sociale si riveste di forme soprabiologiche che le conferiscono maggior valore. Con quei giochi la collettività esprime la sua interpretazione della vita e del mondo. Dunque ciò non significa che il gioco muta o si converte in cultura, ma piuttosto che la cultura, nelle sue fasi originarie, porta il carattere di un gioco” (Huizinga, 1938, pag. XVII). Secondo l’autore l’uomo può essere definito “Ludens”, oltre che “faber” perché accanto al suo essere attivo e produttore possiede anche la funzione di uomo che gioca. Ma, come nota Caillois (1958), il saggio di Huizinga non tratta il giochi d’azzardo, elemento peculiare per l’uomo del suo modo di essere nel mondo. Il gioco d’azzardo affonda le sue radici fin nell’antichità, già a partire dal 4000 a.C. ne troviamo notizia: si pensa addirittura che i primi giocatori d’azzardo fossero gli egizi, i quali per predire il futuro utilizzavano quello che oggi è il gioco dei dadi. La stessa parola azzardo del resto deriva dal francese hazard, che a sua volta deriva dall’arabo az-zahr, un antico gioco orientale con tre dadi, in cui il punteggio massimo è 6-6-6. Croce e Zerbetto (2001), notano che il numero 666, conosciuto come il numero del Diavolo, è anche la somma di tutti i numeri della roulette e accostano questa simbologia al fatto che il gioco d’azzardo possa diventare anche una dannazione, se si pensa al suo essere compulsivo e alle disastrose conseguenze alle quali può condurre questa “sete di rischio” (Dostoevskij, 1866, pag. 162). Riferimenti al gioco d’azzardo compaiono anche nella mitologia egizia: Mercurio, giocando con la Luna, riesce a vincere un po’ della sua luminosità e quei cinque giorni che si andranno a sommare ai 360 dell’anno e che verranno celebrati come il compleanno degli dei. In Cina, India e Giappone sono stati ritrovati manoscritti che raccontano di forti scommesse al gioco dei dadi e alle corse dei carri. Anche nelle antiche civiltà greca e romana era diffuso il gioco d’azzardo, infatti in diverse taverne romane sono state ritrovate insegne recanti la scritta panem et circenses, scommesse e cibo. Inoltre sappiamo che alcuni degli imperatori, tra cui Nerone, Claudio e Caligola, erano giocatori che oggi chiameremmo patologici. Presso le popolazioni germaniche i giocatori arrivavano a perdere la moglie, i figli e persino la loro libertà. Nel corso dei secoli si espandono le modalità di gioco: tra il XII e il XIII secolo compaiono le corse dei cavalli, che inizialmente in Gran Bretagna vengono chiamate “lo sport dei re”, ma in seguito si diffondono anche al popolo. Tra il XVI e il XVII secolo nascono le lotterie, nel Settecento Blaise Pascal inventa la roulette e nel 1895 l’americano Charles Fay crea le prime slot-machines, conosciute negli Stati Uniti come “banditi con un braccio solo”.
Negli anni l’atteggiamento nei confronti del gioco d’azzardo è cambiato più volte, alternando fasi di permissivismo ad altre di proibizionismo. Croce e Zerbetto osservano che negli ultimi due millenni, emerge come la competenza e la condanna del gioco (e dei giocatori) sia stata in un primo momento di pertinenza religiosa (giocare è peccato), diventando quindi di dominio e preoccupazione del diritto (giocare è reato), mentre ora appaia sempre più di dominio della medicina e della psicologia (giocare- se in modo compulsivo- è malattia). Nel Medioevo per esempio a Firenze e Venezia il gioco fu vietato insieme alla bestemmia. Nel 1212 il consiglio Lateranense proibì il gioco d’azzardo, esso era considerato sacrilego in quanto rappresentava un rivolgimento al divino o al maligno al fine di ottenere risultati. (Lavanco, 2001). Nel 1731 però, al tempo di Clemente XII, la Chiesa trasforma il lotto in gioco di stato. Il monopolio sul gioco d’azzardo diventa una grossa risorsa finanziaria per arricchire l’Erario e compensare i deficit statali. Croce scrive infatti che oltre al paradigma morale del gioco come vizio dei più deboli, a quello psicoanalitico della malattia e a quello legale del gioco come reato si può rintracciare un paradigma economico, in cui “il gioco è business. Produce ricchezza, porta lavoro, ricchezza e profitto alle comunità locali e, da non ultimo, legalizzandolo si può togliere risorse alla criminalità” (Croce, 2001, pag.66). A partire dal 1963 infatti prende avvio la legalizzazione negli Stati Uniti e si espande un clima di fiducia e di positività nei confronti delle attività di gioco, tant’è che “Las Vegas divenne un luogo dove andare in vacanza e giocare alla lotteria divenne un’abitudine del week-end” (Croce, 2001, pag.67). Fiasco sostiene che il gioco rappresenti una risorsa anche per il popolo: per esso significa la possibilità di sperare in una vita migliore, quando lo stato non lo garantisce. E’ proprio nei periodi di crisi economica che gli italiani si affidano al gioco: “una correlazione negativa così vistosa (quando l’economia fiorisce l’azzardo deperisce) dovrebbe ridimensionare la retorica di quella che era stata indicata come l’inguaribile passione degli italiani. (…) Se il gioco è un alternativa all’azione costruttiva per accedere al reddito, quando si riduce la credibilità della risposta attiva al bisogno (appunto nei periodi di crisi economica), allora aumenta la forza attrattiva della fortuna al gioco. Viceversa con la dinamizzazione dell’economia, acquista significato la ricerca di soluzioni non aleatorie.” (Fiasco, 2001, pag.328).
Oggi ci stiamo rendendo conto del grosso impatto che la politica di progressiva legittimazione e incentivazione del gioco d’azzardo ha avuto a livello sociale. A partire dal 1990 negli Stati Uniti e dal 1990 in Europa, si sono moltiplicate le ricerche volte a stabilire il tasso di prevalenza dei giocatori problematici e patologici. In Italia si stima che l’80% della popolazione gioca almeno una volta l’anno e la percentuale dei giocatori patologici è compresa tra l’1% e il 3%.
I nuovi giochi: VideoPoker e Gioco d’Azzardo su Internet
Da quando si è iniziato ad applicare le nuove tecnologie al gioco d’azzardo sono fiorite sempre più semplici e pratiche opportunità di giocare. Non si gioca più solo nei casinò e nelle sale corse, oggi lo possiamo fare nei luoghi più comuni come nei bar, nelle ricevitorie e addirittura comodamente a casa nostra, basta disporre di un collegamento ad internet e di una carta di credito. La nostra è soprattutto è l’epoca dei videopocker, macchinette che simulano il gioco del pocker ma in cui non si sfida nessun avversario. Dalla loro comparsa si sono moltiplicati i casi di dipendenza. Come disse Mauro Croce nel 2001: “Oggi il videopocker sta trasformando in fenomeno sociale di massa una ‘malattia’ prima limitata a fasce circoscritte di popolazione. Fra i miei pazienti, che cercano di liberarsi dalla mania del videopocker, ci sono anziani che prima si limitavano alla partita a carte. Oggi nei bar ci sono queste macchinette, loro le preferiscono alla briscola e cresce la dipendenza”. Alcuni esperti mettono in guardia rispetto al fatto di non considerare queste macchinette dei videogiochi; le differenze sono numerose: innanzitutto nei videopocker manca la componente di abilità necessaria per cimentarsi con i videogiochi, inoltre nei primi si inserisce denaro contante, eliminando così il tramite del cambio dei soldi che potrebbe costituire un elemento di riflessione per il giocatore e potrebbe interrompere l’automatismo del comportamento di gioco. Un’altra caratteristica peculiare dei videopocker è l’obbligo per i gestori di pagare la vincita in buoni consumazione, ma molto spesso tale obbligo non viene rispettato ed il pagamento avviene sotto forma monetaria. Accanto a queste caratteristiche che potrebbero contribuire all’instaurazione della dipendenza, ne troviamo un’ altra di estrema importanza: l’isolamento e l’estraneazione dalla realtà che producono, lo stesso che troviamo anche nelle slot-machines.
Internet: Il Gioco D’Azzardo Moderno
Un’altra opportunità di gioco alienante dalla realtà è offerta da Internet. Digitando su qualsiasi motore di ricerca la parola ‘azzardo’ si aprono centinaia di siti che propongono casinò virtuali, scommesse, aste on-line ed investimenti in azioni di borsa (Lavanco, Varveri, Lo Re, 2001). Romani sostiene che il successo dei cybercasinò è dovuto ad una “reciproca convenienza” tra chi li gestisce, perlopiù società australiane che riescono ad eludere divieti ed obblighi imposti dalla legge grazie alla non regolamentazione del gioco virtuale, e gli utenti. Questi godono di vantaggi come il non doversi recare al casino, risparmiando denaro per il viaggio e mantenendo la totale privacy (Croce e Zerbetto, 2001). Croce, nell’intervista sopra citata dice: “ On line sono stati contati almeno 500 casinò virtuali. Si gioca da casa, con la carta di credito, in modo discreto e solitario, ad ogni ora. In Gran Bretagna sono in allarme per la diffusione del gioco via Internet sul posto di lavoro: lo stesso trading on line a volte è vissuto e praticato come una forma d’azzardo. Con le tessere a scalare e le puntate tramite telefonino le patologie sono destinate a crescere, perché l’isolamento e l’assenza di contatto con la moneta contante le favoriscono” (Guadagnucci, 2001, pag.2).
All’opposto di questi giochi che portano all’estraneazione dal mondo, ce ne sono altri che favoriscono la socializzazione. Gli scommettitori alle corse dei cavalli, per esempio, considerano fondamentale il gruppo ed hanno bisogno di sentirsene parte; essi non giocano uno contro l’altro, ma contro un’organizzazione che si arricchisce grazie alla loro attività. Altri giochi che non precludono la socializzazione sono i cosiddetti “giochi nobili”, come la roulette ed il pocker. Essi si trovano all’interno del casinò, il quale nonostante i nuovi giochi non ha perso il proprio fascino soprattutto tra i giovani e i ceti medi (Sbrocco, 2000). I casinò ufficiali in Italia sono quattro: Saint Vincent, Campione d’Italia, San Remo e Venezia. I giocatori di casino costituiscono un gruppo a parte rispetto agli altri a causa dei loro peculiari codici comportamentali: “Al casino si entrava con la cravatta, vigeva la regola della mancia ai croupier, bisognava registrarsi, esistevano regole e rituali di comportamento precisi e chi vi entrava accettava o sceglieva di partecipare, condividere e costruire un rito collettivo” (Croce, 2001, pag.160).