Nel 1980 l’APA, American Psychiatric Association, inserisce il gioco d’azzardo patologico nella terza versione del DSM. Esso viene così ad assumere il valore di una vera e propria patologia psichiatrica e rimane catalogato anche nel DSM III-R (1987) e nel DSM IV (1994), le edizioni corrette ed aggiornate del manuale statistico e Diagnostico dei Disturbi Mentali.
L’APA stabilisce che per diagnosticare una sindrome da gioco d’azzardo patologico deve essere soddisfatto un criterio di inclusione: “persistente e ricorrente comportamento maladattivo legato al gioco d’azzardo che compromette le attività personali, familiari e lavorative” (criterio A); ed un criterio di esclusione: “il comportamento di gioco d’azzardo non è meglio attribuibile ad un episodio maniacale” (criterio B). Una volta individuata la presenza del criterio A ed escluso il criterio B, si ricercano nel soggetto almeno cinque caratteristiche su un elenco di dieci:
- E’ eccessivamente assorbito dal gioco d’azzardo (per esempio, il soggetto è continuamente intento a rivivere esperienze trascorse di gioco, a valutare o pianificare la prossima impresa di gioco, a escogitare i modi per procurarsi denaro con cui giocare);
- ha bisogno di giocare somme di denaro sempre maggiori per raggiungere lo stato di eccitazione desiderato;
- ha ripetutamente tentato di ridurre, controllare o interrompere il gioco d’azzardo, ma senza successo.
- è irrequieto o irritabile quando tenta di ridurre o interrompere il gioco d’azzardo;
- gioca d’azzardo per sfuggire problemi o per alleviare un umore disforico (per esempio, sentimenti di impotenza, colpa, ansia, depressione);
- dopo aver perso al gioco, spesso torna un altro giorno per giocare ancora (rincorrendo le proprie perdite);
- mente ai membri della propria famiglia, al terapeuta, o ad altri per occultare l’entità del proprio coinvolgimento nel gioco d’azzardo;
- ha commesso azioni illegali come falsificazione, frode, furto o appropriazione indebita per finanziare il gioco d’azzardo;
- ha messo a repentaglio o perso una relazione significativa, il lavoro, oppure opportunità scolastiche o di carriera per il gioco d’azzardo;
- fa affidamento sugli altri per reperire il denaro per alleviare una situazione economica disperata causata dal gioco (una “operazione di salvataggio”).
Se il soggetto presenta almeno cinque di questi sintomi, viene diagnosticato un quadro di gioco d’azzardo patologico (DSM IV, 1994).
Esso è compreso nella categoria dei Disturbi del Controllo degli Impulsi non altrove classificati, insieme alla Cleptomania, alla Piromania, alla Tricotillomania e al Disturbo Esplosivo Intermittente.
Queste patologie presentano alcuni punti in comune con il gioco d’azzardo, che giustificano la loro comune collocazione (Lavanco, 2001):
- L’incapacità di resistere agli impulsi, ai desideri o alla tentazione di compiere atti nocivi per se stesso o per gli altri;
- un senso crescente di tensione o eccitazione affettiva prima di compiere l’azione;
- un senso di piacere, di gratificazione o di liberazione mentre si commette l’azione;
- atti notevoli compiuti senza pensare ai loro effetti sulla vita.
La sistemazione che il gioco d’azzardo patologico ha trovato nel DSM non è però da tutti condivisa e lascia ancora oggi perplessità da cui scaturiscono opinioni diverse.
Disturbo del controllo degli impulsi o dipendenza?
La domanda che ci si pone in ambito scientifico è : “Sotto quale categoria diagnostica deve essere collocato il gioco d’azzardo patologico?” La risposta arriva da due opposte correnti di pensiero: coloro che ritengono corretta l’attuale classificazione sotto il Disturbo del Controllo degli Impulsi, e coloro che invece vorrebbero spostarlo sotto la categoria delle dipendenze da sostanze.
I sostenitori di ambedue le opinioni portano interessanti e valide argomentazioni a sostegno della loro tesi.
Per quanto riguarda il primo schieramento, risultano significative le numerose ricerche che attribuiscono un ruolo fondamentale all’impulsività nel comportamento di gioco (Blaszczynski, Steel, McConaghy 1997; Steel e Blaszczynski 1998). Esse riportano alte correlazioni tra il gioco d’azzardo e disfunzioni nel controllo degli impulsi. Inoltre il riconoscimento del gioco d’azzardo patologico come dipendenza provoca perplessità perché non c’è l’intervento di nessuna sostanza; alcuni autori infatti rimangono ancorati all’idea di dipendenza intesa come assoggettamento fisico dell’individuo da parte di una sostanza che agisce e modifica il funzionamento chimico dell’organismo.
Tale limitazione è però ormai superata dal momento che sempre più spesso si parla di “dipendenze comportamentali” (Alonso-Fernandez, 1999). E’ su questa scia che si muovono coloro che auspicano il passaggio del gioco d’azzardo patologico sotto la categoria della dipendenza da sostanze, notando una profonda somiglianza tra i criteri diagnostici relativi a queste due patologie.
La seguente tabella sarà utile per effettuare un confronto critico.
Criteri per la dipendenza da sostanze |
Criteri per il GAP |
1. Tolleranza, come definita da ciascuno dei seguenti:
a) Il bisogno di dosi notevolmente più elevate della sostanza per raggiungere l’intossicazione o l’effetto desiderato b) un effetto notevolmente diminuito con l’uso continuativo della stessa quantità della sostanza
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1. E’ eccessivamente assorbito dal gioco d’azzardo (per es., è eccessivamente assorbito nel rivivere esperienze passate di gioco d’azzardo, nel soppesare o programmare la successiva avventura, o nel pensare ai modi per procurarsi denaro con cui giocare) |
2. Astinenza, come manifestata da ciascuno dei seguenti:
a) la caratteristica sindrome di astinenza per la sostanza (riferirsi ai criteri A e B dei set di criteri per Astinenza dalle sostanze specifiche) b) la stessa sostanza (o una strettamente correlata) è assunta per attenuare o evitare i sintomi di astinenza
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2. Ha bisogno di giocare d’azzardo con quantità crescenti di denaro per raggiungere l’eccitazione desiderata |
3. La sostanza è spesso assunta in quantità maggiori o per periodi più prolungati rispetto a quanto previsto dal soggetto
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3. Ha ripetutamente tentato senza successo di controllare, ridurre, o interrompere il gioco d’azzardo
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4. Desiderio persistente o tentativi infruttuosi di ridurre o controllare l’uso della sostanza | 4. E’ irrequieto o irritabile quando tenta di ridurre o interrompere il gioco d’azzardo
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5. Una grande quantità di tempo viene spesa in attività necessarie a procurarsi la sostanza (per es., recandosi in visita da più medici o guidando per lunghe distanze), ad assumerla (per es., fumando “in catena”), o a riprendersi dai suoi effetti
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5. Gioca d’azzardo per sfuggire problemi o per alleviare un umore disforico (per es., sentimenti di impotenza, colpa, ansia, depressione) |
6. Interruzione o riduzione di importanti attività sociali, lavorative o ricreative a causa dell’uso della sostanza
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6. Dopo aver perso al gioco, spesso torna un altro giorno per giocare ancora (rincorrendo le proprie perdite)
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7. Uso continuativo della sostanza nonostante la consapevolezza di avere un problema persistente o ricorrente, di natura fisica o psicologica, verosimilmente causato o esacerbato dalla sostanza (per es., il soggetto continua ad usare la cocaina malgrado il riconoscimento di una depressione indotta da cocaina, oppure continua a bere malgrado il riconoscimento del peggioramento di un’ulcera a causa dell’assunzione di alcol)
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7. Mente ai membri della propria famiglia, al terapeuta, o ad altri per occultare l’identità del proprio coinvolgimento nel gioco d’azzardo |
8. Ha commesso azioni illegali come falsificazione, frode, furto, o appropriazione indebita per finanziare il gioco d’azzardo
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9. Ha messo a repentaglio o perso una relazione significativa, il lavoro, oppure opportunità scolastiche o di carriera per il gioco d’azzardo
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10. Fa affidamento su altri per reperire il denaro per alleviare una situazione finanziaria disperata causata dal gioco d’azzardo |
Come possiamo vedere c’è una chiara somiglianza tra i diversi criteri. Nella dipendenza da sostanze il punto 1(a) si riferisce alla tolleranza, il bisogno di aumentare sempre di più la quantità di sostanza da assumere per ottenere l’effetto desiderato; nel gioco d’azzardo patologico troviamo parallelamente il criterio 2, il bisogno di giocare somme ogni volta più elevate per sentire la stessa eccitazione. La tolleranza è quindi una caratteristica comune ad ambedue i disturbi, anche se nel gioco d’azzardo nessuna sostanza agisce a livello fisico. Griffiths (1993) spiega questo fenomeno confrontando la misurazione del battito cardiaco prima, durante e dopo una sessione di gioco, in giocatori regolari e non regolari. La conclusione a cui giunge è che entrambi i gruppi presentano un’accelerazione del battito cardiaco rispetto al livello di base durante il compito, e questa accelerazione non è significativamente diversa tra i due gruppi. Da qui si può dedurre che il gioco è oggettivamente (fisiologicamente) eccitante sia per i giocatori regolari che per i non regolari. Griffiths però scopre che nei primi il battito cardiaco rallenta immediatamente dopo l’interruzione del gioco, mentre nel secondo gruppo rimane più a lungo accelerato. Questo porta l’autore alla spiegazione della tolleranza: il giocatore regolare ha bisogno di giocare di più e più spesso per far risalire il livello di arousal ed esperire l’eccitazione iniziale.
Tornando al confronto tra gioco e dipendenza, possiamo notare una stretta somiglianza tra il criterio 4 (per la dipendenza) e il 3 (per il gioco d’azzardo), entrambi si riferiscono al craving, la forte spinta soggettiva a mettere in atto il comportamento o ad usare la sostanza di cui si ha bisogno. C’è inoltre una corrispondenza tra il punto 5 e l’1, in cui si fa riferimento alla forte ossessione del giocatore/tossicodipendente per il comportamento di gioco/ricerca e assunzione della sostanza.
Il DSM infine sottolinea come tutte e due le patologie portino a conseguenze disastrose per l’individuo (criterio 6 delle dipendenze e criteri 9 e 10 del gioco d’azzardo).
In conclusione, si può riconoscere che l’evidenza di tali analogie può supportare l’idea del gioco d’azzardo come una vera e propria dipendenza.
Comorbilità tra il Gioco d’Azzardo e Abuso di Sostanze, Depressione, Disturbo della Personalità
Il gioco d’azzardo patologico si presenta spesso accompagnato da altri disturbi, quali:
- Abuso di sostanze e alcolismo;
- Depressione;
- Disturbo di Personalità Antisociale.
Si registra inoltre una comorbilità con il Disturbo da Deficit dell’Attenzione e Iperattività, sebbene le ricerche condotte a tale proposito presentino molti limiti di validità, e una frequente associazione con il suicidio, concomitante alla depressione.
- Abuso di sostanze e gioco d’azzardo
- Dal 1980 la ricerca empirica e teoretica si è concentrata sullo studio dei rapporti tra dipendenze chimiche e comportamentali, per cui la letteratura sull’ argomento è molto vasta.
- Lesieur e Heineman (1988) sono tra i primi che cercano di valutare l’incidenza della comorbilità tra gioco d’azzardo patologico e dipendenza da sostanze. Dal loro studio emerge che su 100 giovani appartenenti a programmi terapeutici comunitari per abuso di sostanze, il 14% sono anche giocatori d’azzardo patologici.
- Smart e Ferris (1996) in una ricerca condotta sulla popolazione adulta dell’Ontario, mettono in luce una correlazione tra gioco e alcol: l’alcolismo e l’eccessivo consumo di alcol sono associati a problemi di gioco. Lejoyeux et al. (1999) hanno il merito di indagare per la prima volta sulla relazione intercorrente tra dipendenza dall’alcol e Disordine del Controllo degli Impulsi su un gruppo di 79 pazienti alcolisti, ricoverati in un’unità psichiatrica di disintossicazione. Nonostante i limiti della ricerca, come la scarsità numerica del campione, gli autori arrivano stimare che il 38% dei soggetti presentano un Disturbo del Controllo degli Impulsi, in particolare: 19 casi di Disturbo Esplosivo Intermittente, 7 di Gioco d’Azzardo Patologico (8.9 %), 3 casi di Cleptomania, 1 di Tricotillomania e nessuno di Piromania.
- Interessante è anche il recente contributo di Cunningham-Williams et al. (2000), dal quale emerge una prevalenza dell’11% di giocatori patologici su un campione di soggetti facenti uso di droghe, tratto sia da setting di trattamento (n = 512), sia dalla comunità (n = 478). Sempre con lo scopo di scoprire una sovrapposizione tra i diversi tipi di dipendenza, Griffiths (1994) conduce uno studio di natura esploratoria sulle cross addiction (dipendenze crociate) nel Regno Unito. Egli invia 465 lettere a varie organizzazioni che si occupano di problemi di droga e alcol, chiedendo informazioni riguardo a soggetti dipendenti da gioco e da almeno un’altra sostanza o attività. Il 53% di coloro che hanno risposto alla lettera riportano almeno un caso di cross addiction, di cui la più frequente è quella composta da alcol/gioco d’azzardo (42%), seguita da droghe/gioco (20%), solventi/fruit machine (10.5%), alcol e droghe/gioco (7%) ed infine anfetamine/gioco (3.5%). In pochi casi isolati il gioco viene accompagnato anche dall’uso di cannabis, di tranquillanti, di caffeina e da altre attività come mangiare esageratamente, giocare ai videogames, etc.
- L’esistenza di una correlazione tra dipendenza da gioco e da altre sostanze è quindi provata ed è facile osservarla anche per occhi ingenui nella quotidianità. Se entriamo in un bar fornito di videopocker, sarà facile notare i comportamenti più frequenti dei giocatori: bere e fumare. L’alcol è la sostanza che si accompagna per eccellenza al gioco d’azzardo ed è stata avanzata l’ipotesi di una sua funzione disinibitoria sul comportamento del soggetto, per cui, causando la perdita del controllo porterebbe ad un progressivo coinvolgimento nel gioco. In questa direzione si sono mossi Kyngdon e Dickerson (1999), i quali confrontano due gruppi in laboratorio: uno sottoposto alla somministrazione di placebo, l’altro di alcol. I risultati mostrano che il consumo di alcol porta ad una persistenza nel gioco a seguito di una perdita, ma non si riscontrano incrementi significativi nell’ammontare della scommessa dei giocatori trattati con alcol rispetto al gruppo di controllo. Questo significa, secondo gli autori che l’interazione è complessa: se l’alcol disinibisce i comportamenti impulsivi in modo che il gioco tende a continuare, potrebbe però intervenire qualche controllo mediato cognitivamente dalla riduzione della somma messa in gioco.
- Ancora di questo si occupano Baron e Dickerson (1999) in uno studio da cui risulta che l’alcol influisce all’inizio, incrementando l’urgenza di giocare, e alla fine, ostacolando l’interruzione del gioco. Continuare a bere durante la partita pare incidere modestamente nella progressiva perdita di controllo, che sembra piuttosto da attribuirsi al livello di coinvolgimento del giocatore (durata e spesa).
- Un altro filone di ricerca sostiene l’idea che esistono delle dimensioni di personalità comuni ad ogni tipo di dipendenza. Non è importante da quale sostanza o comportamento il soggetto dipende, ma piuttosto la sua tendenza a diventare dipendente. Così si spiegano le polidipendenze e le dipendenze crociate: nel primo caso coesistono più dipendenze nello stesso individuo, mentre nel secondo si passa da una all’altra successivamente.
- Ciarrocchi et al. (1991) confrontano i punteggi all’MMPI di tre gruppi di soggetti: giocatori, alcolizzati e giocatori/alcolizzati. I risultati mostrano una somiglianza nei punteggi relativi ad alcune scale del test, non solo tra coloro che presentano una co-dipendenza (gioco e alcol insieme), ma anche tra i due gruppi con una sola dipendenza. Perciò gli autori concludono che la similarità riscontrata è dovuta a fattori comuni di personalità che determinano indifferentemente l’esordio di un disturbo o dell’altro o la loro associazione.
- Anche Rozin e Stoess (1993) tentano di dimostrare una tendenza a diventare dipendenti fondata su variabili di personalità, ma tuttora questa ipotesi non è stata univocamente convalidata.
- Riassumendo possiamo dire che la letteratura scientifica è d’accordo nel riportare frequenti correlazioni tra gioco d’azzardo e abuso di sostanze, ciò costituisce una prova in più per poter considerare il gioco d’azzardo come una vera e propria dipendenza. Tantopiù se si considera che esso può a volte provocare crisi d’astinenza con gli stessi sintomi delle tossicodipendenze (Lavanco, 2001).
- Depressione e Gioco d’azzardo
- La depressione è un altro disturbo che si associa al gioco d’azzardo patologico, spesso a livelli così gravi che si arriva persino al suicidio. La presenza della depressione è centrale nella dipendenza da gioco, tanto che Ladouceur (1990) vi riconosce uno dei principali motivi di richiesta d’aiuto spontanea. Tale affermazione sembra probabile se pensiamo che il giocatore non si rende conto del suo problema, ma avverte solo il disagio finanziario; solo quando sente di non poter più controllare le sue azioni e vede la propria vita distrutta cade in depressione e decide di farsi aiutare.
- Anche la letteratura scientifica ha trovato un’alta correlazione tra depressione e gioco.
- Linden, Pope e Jonas (1986) somministrano ad un campione di 25 soggetti tratti dai Giocatori Anonimi un’intervista strutturata. I risultati riportano che il 72% del campione ha esperito almeno un episodio di depressione maggiore e il 52% soffre di episodi depressivi ricorrenti.
- Un’altra ricerca significativa è quella di Becona et al. (1996): essi utilizzano invece un campione tratto dalla popolazione generale, non in trattamento, il che fornisce una maggiore rappresentatività. Questi soggetti vengono valutati secondo i criteri del DSM IV per il gioco d’azzardo patologico e con il Back Depression Inventory (BDI) per stimare il loro livello di depressione. Gli autori scoprono una correlazione positiva tra i criteri soddisfatti e il punteggio al BDI: più è grave il comportamento di gioco, più è severa la depressione.
- Stabilita una frequente comorbilità tra questi due fenomeni, resta però da interpretarla. A tal proposito sono disponibili tre modelli esplicativi:
- La depressione insorge a causa di eventi stressanti provocati dal giocod’azzardo. Essa è una conseguenza secondaria dello stile di vita condotto dal giocatore.
- Il gioco d’azzardo è secondario alla depressione, è un’autocura del soggetto per sfuggire al disturbo dell’umore sottostante.
- Il gioco d’azzardo patologico fa parte dello spettro dei disturbi affettivi. La depressione regredisce con l’aggravarsi del comportamento di gioco.
- Non è facile stabilire se lo stato depressivo sia la causa, la conseguenza o un’alternativa al comportamento di gioco. Lo stress che si trova a fronteggiare un giocatore è talmente grande da giustificare in pieno un esordio depressivo, ma allo stesso tempo è difficile capire se essa era già presente, nascosta dietro un comportamento disfunzionale.
- Lo scioglimento di questo nodo gioverebbe soprattutto nella pianificazione dei trattamenti, ma al momento sono necessarie ulteriori e più precise ricerche.
- Disturbo Antisociale della personalità e Gioco d’Azzardo
- Il comportamento antisociale è costituito dalle seguenti caratteristiche: atti antisociali ripetuti; abuso di droghe e alcol; impulsività e incapacità di rinviare comportamenti autogratificanti, di provare empatia per gli altri, di provare sentimenti di colpa, o di instaurare legami interpersonali duraturi (Blaszczynski e McConaghy, 1994).
- Il fatto che i giocatori incorrano spesso in azioni illegali e criminali ha portato gli autori a sospettare la presenza di un possibile disturbo di personalità antisociale sottostante (Cuningham-Williams et al., 2000).
- Lesieur (1979) è invece contrario a questa ipotesi. Egli descrive l’evoluzione della carriera del giocatore includendo comportamenti criminali che spiega con la filosofia del chasing: Il giocatore per recuperare il denaro perduto si coinvolge sempre di più nel gioco fino ad esaurire le fonti legali da cui attingere i soldi. Perciò è costretto a ricorrere ad atti illeciti come la frode, pur di continuare a giocare, allo scopo di vincere e appianare tutti i suoi debiti. Secondo Lesieur è la “spirale” di coinvolgimento nel gioco d’azzardo che provoca la commissione dei crimini.
- Ma questa evidente relazione può essere spiegata in due modi:
- Il primo attribuisce un ruolo causale primario al disturbo antisociale di personalità: è la sua presenza che predispone l’individuo a commettere azioni criminali o comportamenti di gioco, gli uni indipendenti dagli altri; oppure è sempre questo disturbo di personalità a favorire un rischio di commettere infrazioni nel far fronte ai problemi finanziari causati dal gioco;
- Inversamente può essere il gioco d’azzardo e lo stile di vita che ne deriva a provocare un cambiamento tale nella personalità normale del giocatore, che essa prende la forma di quella antisociale.
- I ricercatori si sono pertanto attivati nello sforzo di comprendere quale ipotesi potesse elucidare meglio il legame intercorrente tra i due fenomeni, ma i dati emersi dagli studi sono ancora contraddittori e lasciano la questione nell’incertezza.
- Blaszczynski è uno degli autori che ha fornito i maggiori contributi sul problema. In una ricerca del 1994 insieme a McConaghy, esamina il tipo di crimini commessi dai giocatori per capire se essi possono essere imputati ad una personalità antisociale o meno. I risultati dicono che per la maggior parte essi sono direttamente correlati al gioco (48%), il che significa che sono finalizzati ad affrontare situazioni difficili, piuttosto che dipendere da una propensione per il crimine in generale. Risulta comunque una percentuale del campione (15%) che risponde ai criteri per la diagnosi di disturbo antisociale della personalità, stabiliti dal DSM III. La differenza importante tra questi giocatori e quelli con personalità normale è che i primi manifestano subito, appena iniziano a giocare i comportamenti criminosi, al contrario gli altri presentano uno scarto di tempo tra l’esordio del gioco e l’inizio degli atti illeciti. Questo dato è in accordo con l’osservazione di Blaszczkynski e McConaghy(1988), per cui in genere i problemi correlati al gioco si hanno dopo circa cinque anni dall’inizio. Ciò porta a concludere che esiste una porzione di giocatori il cui comportamento antisociale è espressione di una personalità patologica, ma la nella maggior parte esso è indotto dai debiti e dalla volontà di nascondere la propria dipendenza dal gioco.
- Neanche Meyer e Stadler (1999) riescono a far luce sulla vicenda: dalla loro ricerca emerge una prevalenza dell’89.3% tra i giocatori d’azzardo che hanno commesso almeno un crimine nella loro vita. I due autori seguono un approccio multifattoriale, assumendo come fattori predisponenti al crimine: la personalità, l’attaccamento sociale e il comportamento dipendente. Dal punto di vista causale gli autori ritengono possibile che il gioco d’azzardo si sviluppi da una costellazione criminale esistente che designa uno sviluppo deviante primario; ma ritengono altresì possibile che la dipendenza stessa conduca all’isolamento e all’allentarsi dei legami sociali per cui la personalità si modifica.
- Da una ricerca del 1991, Blaszczynski formula una classificazione in sottogruppi dei giocatori d’azzardo patologici:
- Giocatori patologici non patologici, i quali rispondono ai criteri diagnostici del DSM IV per il gioco d’azzardo, ma non presentano nessun tipo di premorbosità. Nessun comportamento o patologia che accompagna il gioco può esserne considerata la causa.
- Giocatori emotivamente disturbati. Essi presentano problemi nella modulazione degli stati affettivi e il gioco è visto come una fuga, per scappare da stress e stati disforici.
- Giocatori con correlati biologici, distinguibili per la presenza di disturbi nella personalità, deficit dell’attenzione, impulsività che precederebbero e provocherebbero il comportamento di gioco.
- Questa classificazione dimostra l’eterogeneità della categoria dei giocatori d’azzardo, rispecchia una realtà più complessa in cui non esistono legami monocausali, dove anche la manifestazione dello stesso comportamento in più individui può essere espressione di dinamiche interiori differenti. Ciò riportato al gioco d’azzardo significa che alcuni giocatori possono agire illegalmente solo in conseguenza di fattori situazionali, altri possono essere motivati da patologie psichiatriche sottostanti.